PErCHè LINEA CONDIVISA DICE NO ALLA NAVE GASSIERA di VADO LIGURE
Per rispondere in modo corretto e coerente abbiamo analizzato la Valutazione di Impatto Ambientale realizzata da SNAM.
La Relazione VIA in gran parte si risolve come una review bibliografica fondata su dati neppure troppo recenti (vedi le referenze bibliografiche che accompagnano ciascun capitolo)).
Date la dimensione del progetto, i potenziali rischi per la salute delle persone e dell’ambiente sarebbe auspicabile una maggiore competenza e oggettività nel valutare le conseguenze degli impatti che sicuramente la zona dovrà subire.
In particolare:
- Prevale una visione bidimensionale dell’ecosistema marino. La preoccupazione principale della relazione VIA è dimostrare che le opere non si sovrappongono in termini spaziali a biocenosi o a siti di pregio naturalistico.
- Gli aspetti relativi alle dinamiche meteo-marine non sono studiati attraverso un numero adeguato di rilievi in situ nelle diverse situazioni e stagioni, non si tiene conto dei futuri scenari che sicuramente interesseranno la zona (es. l’evento “estremo” dell’ottobre 2018, che è prevedibile diventi uno scenario frequente a causa della crisi climatica in atto).
- Manca uno studio completo sulla correlazione tra tali dinamiche (correnti, moto ondoso, trasporto, ecc.) con la presenza e la concentrazione di organismi marini nella zona e nelle zone limitrofe. Cioè manca un approccio multidimensionale che consideri i potenziali effetti dell’opera su un ecosistema complesso in cui correnti, morfologia dei fondali e porzione biologica interagiscono (un effetto probabile sarebbe la scomparsa di SIC marini anche a distanza dal sito interessato, ricordiamo che a 2,4 Km si trova il sito SIC-ZSC, IT132327, denominato fondali Noli-Bergeggi. A Conferma della superficiale e pericolosa impostazione nella Tab. 2.5 si dichiara: “Il progetto non ricade neppure parzialmente all’interno dell’area protetta”.
- La semplice e mera citazione con una cartina estremamente generale e imprecisa della corrente principale (Corrente Ligure-Provenzale) che interessa l’intero mar Ligure, dimostra quanto sopra espresso. Nessun approfondimento sui vortici e le variazioni che la stessa corrente produce almeno su meso-scala e su scala locale, anche per valutare il trasporto degli inquinanti.
- A tal proposito preoccupano le modifiche e la costruzione di una nuova piattaforma e lo spostamento della diga foranea del porto di Vado che, a detta degli estensori del VIA (Appendice A), accentuerà il fenomeno erosivo sulle aree a Levante, fenomeno che sarà compensato con ulteriori e massicce opere di ripascimento. Anche in questo caso, nessun approfondimento sugli impatti sulle biocenosi e sull’ecosistema a Ponente, solo un accenno a una più ampia spiaggia sulla costa di Bergeggi, senza una valutazione dell’impatto sul SIC-ZSC e la prateria di Posidonio oceanica, che probabilmente sparirà in modo irreversibile.
- Mancano studi in situ adeguati (solo modellistica) su questo aspetto per valutare gli effetti della dispersione degli inquinanti derivati direttamente e indirettamente dal processo di rigassificazione e dall’aumento del traffico marittimo relativo.
- Manca anche una correlazione tra le citate dinamiche e la particolare morfologia dei fondali nell’area interessata. Come noto da lavori multidisciplinari la zona è caratterizzata da numerosi canyon sottomarini (Capo Mele, Pora, Finale, Noli, Vado e Savona) che, insieme ai canyon del Polcevera e del Bisagno formano un sistema fondamentale per gli equilibri ambientali e la vita marina dell’intero bacino del Mediterraneo occidentale. Ricordiamo qui l’effetto di arricchimento dei fondali profondi derivato dalle correnti di torbida che influenzano l’intero sistema per oltre 1000 Km verso Ponente.
- In relazione a quanto affermato al punto precedente si evidenzia anche la mancanza di dettaglio nella cartografia batimetrica di strutture fondamentali (mancanza di dettaglio sui canyon di Savona e di Vado). Da notare che la “testa” di quest’ultimo inizia esattamente sul punto di ormeggio della nave “Golar Tundra”.
- E’ bene ricordare che il canyon di Vado, come gli altri canyon del mar Ligure intercettano la corrente Ligure-Provenzale e mettono in connessione gli strati superficiali e le aree batiali del bacino, creando fenomeni di risalita delle acque profonde (upwelling), fattore fondamentale per la crescita del fitoplancton. Come si può facilmente notare da una mappa satellitare questa è la zona dove, grazie a questi fenomeni di risalita, si genera la maggiore produzione di organismi autotrofi dell’intero bacino Mediterraneo. Per questo i canyon sono strutture fondamentali per la vita dei mammiferi marini e di altri predatori (tonni, pesci spada, ecc.) e in particolare per il capodoglio (Physeter catodon = P. macrocephalus). Questo cetaceo (“endangered” nella lista rossa IUCN) trova nel sistema dei canyon sottomarini condizioni favorevoli per alimentarsi e riprodursi durante la sua migrazione, che avviene in mar Ligure durante tutti i mesi dell’anno.
- A proposito della presenza dei cetacei si evidenzia come la relazione VIA, pur riconoscendo che l’opera è situata all’interno dell’area protetta internazionale, denominata Pelagos, Santuario dei Mammiferi Marini del Mediterraneo (Area Speciale di Interesse Mediterraneo, ASPIM), si basa su dati non aggiornati e quindi parziali e si limita a un mero elenco delle specie presenti con commenti banali e ridicoli (es. alla voce 7.3.2 a proposito dello Zifio – Ziphius cavirostris: ….solitario, lo si trova in piccoli gruppi. La specie è presente in Mediterraneo, ma a causa del suo comportamento feroce, l’avvistamento è difficoltoso). Non si dice invece chequesta specie è molto selettiva nella scelta dell’habitat in cui vive e che l’ecosistema dei canyon dal Bisagno a Capo Mele è la zona del Santuario Pelagos dove questo mammifero marino si concentra durante tutte le stagioni dell’anno ed è la sola zona dove i suoi avvistamenti sono più frequenti rispetto a tutte le altre zone del Mediterraneo, e di tutte le altre zone dell’Oceano dove questa specie è presente, le ragioni di questa particolarità della zona sono riportate al punto 7, cioè le interazioni tra idrodinamismo e morfologia dei fondali associata alle dinamiche della rete alimentare.
Anche nella descrizione e la scelta delle misure di mitigazione relative ai cetacei (Misure di Mitigazione, paragrafo 7.3.1.3.2) si nota la mancanza di competenze degli estensori per quanto riguarda il comportamento delle specie presenti nella zona.
- Nessuna valutazione sui potenziali effetti dell’impatto degli inquinanti sulle reti alimentari che sostengono anche i mammiferi marini, nessuna valutazione o scenario nel caso che l’alterazione della rete alimentare interrompa o modifichi gli equilibri derivati dai rapporti tra prede e predatori presenti in zona (nessun scenario possibile su TOP-DOWN Control e BOTTOM-UP Control) che metterebbe in crisi l’intero funzionamento dell’ecosistema marino del Mediterraneo.
- Molto preoccupante è lo scenario previsto per la dispersione dell’ipoclorito utilizzato per la pulizia degli scambiatori. Come dichiarato la portata massima di acqua di mare negli scambiatori sarebbe di 18.000 m3/h, la quantità di ipoclorito versato entro i limiti di legge dovrebbe essere 0,2 mg/l, cioè 0,2 g/m3. Un semplice calcolo stima che in 24 ore verrebbero versati in mare 86,4 kg di ipoclorito, cioè oltre 30 tonnellate all’anno, ma altre valutazioni (es. per lo stesso rigassificatore al largo di Livorno) stimano in 166 tonnellate/anno la quantità di ipoclorito con una minore portata degli scambiatori, 8.000 m3/h (Fonte Greenpeace). Questa mancanza di chiarezza sugli effettivi quantitativi indica che il problema è tutt’altro che marginale. Basti pensare che se l’ipoclorito ha effetti sulle larve degli organismi del fouling che si insediano nelle condotte ostruendole, non si vede il perché non abbia influenze negative sulle altre larve del plancton e sul fitoplancton delle acque intorno alla nave compromettendo gli equilibri della rete alimentare.
- Sempre a proposito dell’ipoclorito i modelli di dispersione indicherebbero un impatto sulla testa del canyon di Vado. Inoltre, il conseguente raffreddamento delle acque contenenti l’inquinante disciolto ne provocherebbe l’affondamento interessando l’intera colonna d’acqua e non più le sole acque superficiali, compromettendo la rete alimentare sull’intera colonna, dai batteri allo zooplancton, con conseguenze non proprio trascurabili per l’ecosistema.
- Per quanto riguarda le conclusioni si evidenzia come gli impatti sia in fase di cantiere che in fase di esercizio siano volutamente minimizzati. In particolare sono minimizzate le problematiche relative all’aumento del rumore subacqueo, all’aumento del traffico di navi (a la Spezia il numero di navi che trasportano GNL è aumentato del 30% rispetto al 2022) e la conseguente possibilità di collisioni con i capodogli e le balenottere. Limitare l’impatto dell’impianto alla sola percezione visiva significa che gli estensori della relazione non hanno alcuna nozione delle relazioni e dei meccanismi che regolano gli equilibri dell’ecosistema marino e di quanto sia fragile la sua presunta resilienza (cioè la capacità di un ecosistema di ritornare all’equilibrio precedente dopo un evento turbativo).
La stessa superficialità e mancanza di aggiornamento sulla attuale situazione ambientale della zona si evince nella descrizione delle biocenosi marine. In particolare tutte le considerazioni fatte sulla situazione delle praterie di Posidonia oceanica, protetta tra l’altro dalle Convenzioni di Berna e Barcellona. La relazione identifica una delle cause della regressione nella pesca a strascico, attività che non si è mai esercitata nella zona per le caratteristiche stesse dei fondali, ma che comunque non è più presente dai primi anni ’90, dopo l’affondamento della chimichiera Haven.