Che cosa è una nave gassiera e come funziona?


Tutto questo mi dà lo spunto per parlare di Gas, GPL (gas costituito principalmente da butano e propano) e GNL (gas costituito principalmente da metano) il cui utilizzo nella nostra vita quotidiana è molto diffuso, dalle attività commerciali, industria, trasporti, agricoltura, produzione di energia, cucina, riscaldamento e per questo la domanda mondiale è in continuo aumento.   Il GNL è liquido alla temperatura di -160°C, al contrario il GPL può essere immagazzinato a temperature più elevate anche in semplici bombole o in serbatoi normali non refrigerati. Per questi motivi il GNL viene adottato per un uso industriale, mentre il GPL è impiegato per consumi medio bassi come quelli domestici di una famiglia.

Le navi cisterna dette gassiere sono specializzate nel trasporto di gas liquefatto e hanno sempre solcato i nostri mari, basti pensare cha la prima fu costruita nel 1966. Ma ne abbiamo cominciato a sentire parlare con l’intensificarsi della crisi energetica a causa del conflitto in atto in Europa per la ricerca di alternative veloci ed economiche al rifornimento del gas proveniente dalla Russia.  Solo sei anni fa l’America sembrava aver chiuso l’esportazione del GNL, dal 2016 attraverso le concessioni di Obama, Trump e Biden il paese è diventato il principale esportatore per l’Europa. Nei prossimi anni gli Stati Uniti si avviano a consolidare il ruolo di primo esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (GNL).

Per potere trasportare il metano con le grandi navi metaniere è necessario liquefarlo in modo da ridurre il volume di 600 volte. Il processo di liquefazione porta il gas a meno 160/170 C°, una temperatura che deve essere mantenuta durante tutto il trasporto in mare per ridurne il volume di 600 volte.  Dalla nave viene poi scaricato in prossimità di un impianto di rigassificazione, viene stoccato, riscaldato, e quindi riportato allo stato gassoso, e distribuito in rete. Le gasiere medie sono lunghe più di tre campi da calcio, alte come un palazzo di dodici piani e contengono circa 123 milioni di litri di GNL che equivalgono a circa 74 miliardi di litri di gas (un litro di GNL liquefatto si trasforma in 600 litri di gas).

Il GNL viene presentato come una valida alternativa alla crisi climatica per migliorare l’impatto ambientale del trasporto marittimo e su gomma. Il GNL è infatti caratterizzato da minori emissioni inquinanti e di CO2 rispetto ai combustibili fossili tradizionalmente utilizzati. Il processo di rigassificazione è un processo “pulito” l’acqua di mare viene utilizzata come scambiatore di calore, il gas aumenta la temperatura attraverso tubazioni che sono a contatto con l’acqua di mare, ma i due elementi non vengono mai a contatto. L’acqua torna in mare avendo ceduto un po’ di calore al gas.  Secondo la Snam, società specializzata nel trasporto e stoccaggio del gas naturale, il gas disperso accidentalmente a causa di un incidente non causerebbe danno agli organismi e per tale ragione, nel suo rapporto di maggio 2022, sostiene che il Mediterraneo potrebbe diventare un hub europeo del gas.

Ma esistono altri pareri e studi scientifici

Uno studio condotto da Doyle Energy Geopolitica, Scientific American nel 2004, dimostra che il trasferimento via mare con gasiere a una temperatura di -161° è un processo che richiede molta energia e implica una gestione costosa e complessa. Ogni gasiera di GNL consuma 100 tonnellate di carburante al giorno e produce emissioni più nocive di quelle provenienti dalle centrali termiche attualmente in uso. Il metano incombusto produce, a parità di peso, un effetto serra circa 21 volte maggiore di quello prodotto dal biossido di carbonio. Una volta arrivato a destinazione una fuoriuscita accidentale potrebbe avere effetti devastanti, sottoponendo a rischio rilevante l’intera popolazione e l’ambiente marino-costiero, con gravi ripercussioni sul turismo, sull’attività di pesca e sulla salute dei cittadini.

Matteo Leonardi, cofondatore e direttore esecutivo di Ecco, gruppo di studio indipendente sull’energia e il clima sostiene “I gasdotti e i rigassificatori esistenti possono bastare a garantire il consumo nazionale, se accompagnati da misure per sviluppare le rinnovabili e l’efficienza energetica: investimenti che hanno tempi di realizzazione ben inferiori a nuove infrastrutture gas, e sono comunque già previsti per gli obiettivi climatici e di sicurezza energetica”.  Infatti in Italia gran parte del gas che importa arriva dal Mediterraneo non arriva dalla Russia, ma attraverso il gasdotto Transmed che collega l’Algeria a Mazara del Vallo in Sicilia; il Greenstream dalla Libia a Gela e il Tap (o Trans-Adriatic Pipeline) che attraversa la Grecia settentrionale, l’Albania e il mare Adriatico per arrivare in Puglia.  Si parla inoltre di un nuovo condotto Eastmed, che potrebbe portare gas dal Mediterraneo orientale (i giacimenti tra Egitto e Israele).   Un ulteriore fatto è che  il consumo di gas in Italia è in calo, come in tutta Europa, sia per scelte politiche che tendono a sviluppare le energie rinnovabili, sia perché le tecnologie puntano all’efficienza a consumare meno energia. Nel 2022 abbiamo consumato 68,5 metri cubi, quasi il dieci per cento meno dell’anno prima. Se consideriamo il periodo invernale – tra settembre 2022 e febbraio 2023 – abbiamo consumato il 20 per cento di gas in meno dei tre inverni precedenti. “A marzo 2023, i depositi sono pieni al 57 %,”, osserva Leonardi.  Qualcuno potrebbe obiettare che l’inverno è stato mite e non sempre sarà così: Antonio Tricarico, esperto di politiche energetiche e attivista dell’associazione ReCommon per la giustizia ambientale sostiene che  “Bisogna velocizzare l’installazione di impianti eolici e solari e sviluppare le “comunità energetiche”. Inoltre osserva che c’è incoerenza tra il discorso rivolto al pubblico, in cui l’Eni parla di transizione e di decarbonizzare e i fatti, perché la strategia aziendale punta ad aumentare l’estrazione di gas e a prova di questo cita la relazione finanziaria dell’Eni per il 2022, rivolta agli azionisti: “L’obiettivo dichiarato è investire nell’estrazione di gas, che sostituirà gradualmente il petrolio. Non importa se la domanda interna diminuisce, si venderà altrove. Avere più gas in circolazione e venderlo ovunque richiesto, in Italia o altrove, o sul mercato spot, perché questo massimizza i profitti”. Nei piani aziendali, il picco dell’estrazione è fissato al 2030, con crescita progressiva del gas rispetto al petrolio”.