MANIFESTO LAVORO

“Il primo diritto è quello di esistere, il primo diritto sociale è dunque quello che garantisce a tutti i membri della società i mezzi per esistere; tutti gli altri sono subordinati a questo.”

Maximilien Robespierre, 2 dicembre 1792, alla Convenzione.

“Incredibile, in Italia ci sono imprenditori che offrono lavoro e non si presenta nessuno. Iniziassero a offrire anche uno stipendio.”
Twitter, 2022

Diversi studi dimostrano che non c’è correlazione tra una riduzione dei diritti dei lavoratori e una riduzione della disoccupazione . È soprattutto il portafoglio ordini e non lo stato del diritto del lavoro, a dettare la politica di assunzione di un’azienda. 

Accusare il diritto del lavoro di essere un freno al lavoro equivale ad accusare coloro che sono occupati e che beneficiano delle tutele della Costituzione, delle leggi e dei contratti collettivi di lavoro di essere responsabili dell’aumento della disoccupazione. Come se ci fossero due campi uno di fronte all’altro: chi sta “dentro”, che ha un contratto a tempo indeterminato e chi sta “fuori”, legando precarietà e periodi di inattività. Queste analisi cercano di mettere i dipendenti l’uno contro l’altro. Soprattutto, dimenticano il ruolo dei datori di lavoro e degli azionisti nella gestione dell’occupazione: sono loro che decidono la ripartizione degli utili, il livello di investimento e quindi le assunzioni. La politica atta a degradare le condizioni di lavoro ha un solo interesse nella realtà: aumentare il drenaggio che le imprese fanno sul lavoro costringendo i dipendenti ad accettare tagli salariali, aumenti dell’orario di lavoro senza compenso, degrado delle loro condizioni complessive di lavoro, condizioni di fatto irricevibili.

La globalizzazione e lo smodato sviluppo della finanza che prevale sull’economia, non giustificano una riduzione dei diritti in nome della competitività, ma al contrario la loro estensione, al fine di accrescere l’intelligenza collettiva e la capacità di sviluppare nuovi processi produttivi, tutelando al tempo stesso i dipendenti contro fondi pensione internazionali o multinazionali.

Allo stesso tempo, le frontiere del lavoro sono sotto attacco. Fingendosi dei semplici intermediari, le piattaforme digitali usufruiscono dei servizi dei cosiddetti lavoratori autonomi, ma in realtà subordinati, sottraendosi dalle proprie responsabilità, quelle di veri e propri datori di lavoro. I lavoratori, spesso corrieri in bicicletta, sono quindi esclusi dal diritto del lavoro… e non beneficiano di nessuno dei vantaggi dell’indipendenza poiché non scelgono né i loro orari, né il salario a loro dovuto. 

Urge quindi ricostruire il sistema partendo dai diritti, al fine di mettere i dipendenti nelle condizioni di negoziare migliori condizioni di lavoro.

Estendere i diritti sociali : porre alla fine disparità di trattamento dei lavoratori distaccati, garantire un nucleo europeo di diritti sociali e un quadro di salari minimi per combattere il dumping, migliorare le condizioni generali e imporre una presunzione di lavoro subordinato per i lavoratori delle piattaforme, al fine di prevenire l’uberizzazione del mondo del lavoro attraverso l’uso fraudolento dello status di lavoratore autonomo.

Sradicare l’evasione fiscale: garantire la piena trasparenza fiscale e fare pagare  le multinazionali, introdurre un’aliquota minima di impostazione sulle società e mettere in atto sanzioni contro i paradisi fiscali europei e gli evasori fiscali per chiudere la concorrenza fiscale all’interno dell’UE. Una particolare attenzione dovrebbe esse posta nella giusta tassazione degli extragettiti derivati dall’emergenza combustibili.

Consentire lo sviluppo di poli pubblici incaricati di tutti i servizi d’interesse generale, garantire la protezione dei beni comuni togliendoli dal mercato e consentire agli appalti pubblici di favorire l’economia sociale e solidale.

La situazione occupazionale si confronta con un paradosso: il bisogno di lavoro è molto grande eppure il mercato non crea posti di lavoro.

Il settore privato ha dimostrato di essere incapace di creare i posti di lavoro che corrispondano a queste esigenze. Per gli azionisti contano solo la redditività finanziaria e gli alti tassi di profitto.

La piena occupazione non è un’utopia, ma la condizione essenziale per costruire un futuro migliore. 

I diritti dei lavoratori, la condivisione della ricchezza prodotta sono tutt’altro che questioni del passato. Al contrario, sono quelli in cui è in gioco la possibilità di affrontare i problemi del nostro tempo.

Privata di un lavoro, una vita può prendere una svolta drammatica: fatta sentire in colpa, presa dalla vergogna, vicina alla povertà, a rischio di perdere la casa, socialmente isolata.

Il nostro obbiettivo dovrebbe essere il raggiungimento organizzato e pianificato della piena occupazione, non la distribuzione delle briciole di lavoro.

L’obiettivo è fornire ai dipendenti un’occupazione stabile e condizioni di lavoro dignitose, liberando tempo per prendersi cura di se stessi, dei propri cari e degli altri.

Trovare un lavoro significa anche ricostruire i legami sociali.

COSA FARE

  • L’introduzione del salario minimo, al fine di contrastare il “lavoro povero” e le basse retribuzioni.
  • La riduzione dell’orario di lavoro.
  • Tutelare i salari e favorirne la crescita, a mezzo di adeguati aumenti che vadano oltre l’inflazione.
  • Una nuova politica fiscale scaturita da una riforma che aumenti il netto in busta paga e delle pensioni.
  • Contrastare la precarietà, rivendicando percorsi di stabilizzazione per le lavoratrici e i lavoratori, in special modo giovani, con rapporti di lavoro precari.
  • Prendere seriamente in considerazione il punto di vista dei giovani in merito al rapporto qualità del lavoro/qualità della vita.
  • Superare a livello legislativo il Jobs Act, introducendo un nuovo Statuto dei Lavoratori che riguardi tutto il mondo del lavoro.
  • Chiedere di condizionare i finanziamenti e le agevolazioni pubbliche erogate alle imprese collegandoli alla stabilità dell’occupazione.
  • Difendere ed incrementare la centralità del servizio sanitario pubblico e universalistico.
  • Affermare il diritto universale alla formazione e alla conoscenza.
  • Attuare politiche inclusive per le persone con disabilità
  • Favorire la piena integrazione sociale e lavorativa per i cittadini migranti.
  • Punire severamente il mancato rispetto della parità retributiva tra donne e uomini
  • Stabilire una quota massima di flessibilità o lavoro temporaneo nelle imprese, riqualificando i lavoratori delle piattaforme digitali (Uber, Deliveroo, ecc.) e tutti i dipendenti falsamente considerati autonomi come dipendenti.
  • Incrementare la sicurezza sui posti di lavoro, aumentando sensibilmente le risorse dedicate e l’attività dell’ispettorato. 
  • Riconoscere il burnout come malattia professionale e avanzare nel riconoscimento delle malattie professionali legate ai rischi psicosociali.
  • Rafforzare la medicina del lavoro, integrandola nel servizio sanitario pubblico, ripristinando la visita medica obbligatoria all’assunzione da parte del medico del lavoro stesso e le visite annuali in carriera, anche durante i periodi di disoccupazione.

L’elenco apparentemente lungo, è tuttavia sicuramente incompleto e costituisce solamente una traccia di lavoro che, a nostro avviso, dovrebbe interessare tutte i partiti e le associazioni che si riconoscono nel campo progressista.