LAVORO POVERO IN LIGURIA

La condizione di “Lavoro Povero”, ovvero quei lavoratori i quali pur essendo occupati sono comunque considerati a rischio povertà, è un fenomeno ben presente nel nostro Paese. Nella piccola tabella che segue, sono riportati in valori percentuali per tipologia di contratto. Tali valori, pongono il nostro Paese al quarto posto nell’UE dopo Romania, Lussemburgo, Spagna (dati 2021). Nel 2010, l’Italia era all’ottavo posto.

201020152021Var.pp
Part time14,5%18,5%20,0%+5,5
Full time8,6%9,8%  10,1%+1,5

Una riflessione andrebbe fatta anche in merito agli stipendi medi annui al netto di tasse e contributi in relazione al costo della vita dove riportiamo, per esempio, un + 1% rispetto alla Spagna che tuttavia ha un costo vita molto più basso, a fronte di un -33% rispetto alla Germania, la quale ha un costo vita equiparabile al nostro.

Va inoltre rilevato che un lavoratore dipendente su quattro riceve spettanze sotto il salario minimo e il reddito di cittadinanza, ovvero siamo in presenza della situazione che segue:

28% lavoratori con retribuzione lorda inferiore a 9 euro/ora

23% lavoratori che guadagnano meno di 780 euro/mese

900mila lavoratori che guadagnano meno di 1.000 euro/mese (il doppio rispetto al 2006)

3,1 mln lavoratori dipendenti con contratto a termine (+40% nell’ultimo decennio)

4,2 mln lavoratori part-time dei quali il 65% è “involontario” e non per scelta.

3.2 mln lavoratori in nero.

In Liguria, nel 2019, ovvero nell’ultimo dato disponibile ed omogeneo fornito dall’ISTAT, i tre settori che rappresentano più di un quarto del valore aggiunto prodotto sono l’Alloggio/Ristorazione con il 4,2%, le Attività Manifatturiere con il 7,1% e il Trasporto/Magazzinaggio con l’11,8%, per un totale di 26,7%.

A fronte di un numero di imprese attive elevatissimo, oltre 12mila, che contiene ampiamente – sommandole – quelle dell’industria (7mila) e dei trasporti (3.700) messe insieme, il settore dell’Alloggio/Ristorazione, ha un numero di addetti molto inferiore (meno di 55mila contro i circa 60mila dell’Industria Manifatturiera e i 71mila del Trasporto e Magazzinaggio), ma soprattutto produce meno ricchezza di 5 anni prima; quindi, con tutta evidenza, abbiamo un problema di qualità ed intensità dell’occupazione, di produttività e di qualificazione del settore.

Il restante 73,3% del valore aggiunto prodotto dalla nostra regione proviene dalle attività finanziarie ed assicurative (30% ca.), dalla pubblica amministrazione (21%) e dalle attività immobiliari (18%) che rappresentano i primi tre settori per produzione di valore aggiunto in Liguria.

L’Agricoltura Silvicoltura e Pesca vale solo l’1,1%, ma rappresenta quasi il 7% delle imprese e somma poco meno del 2% degli occupati Liguri.

Il complesso dell’Industria (ovvero attività manifatturiere e altra industria energetica ed estrattiva) vale il 7,5% delle imprese, il 10,7% del valore aggiunto ed il 13,3% degli occupati.

Le Costruzioni valgono il 19% delle imprese registrate, il 4,6% del valore aggiunto ed il 6% dell’occupazione.

I Servizi, vero cuore di ogni attività in Liguria, vale il 64,6% delle imprese ed il 78,8% sia del valore aggiunto sia dell’occupazione complessiva.

Il dato delle ispezioni sul lavoro nel 2021 (fonte: ANPAL) ci conferma come e quanto uno dei settori con indici di irregolarità più elevati sia proprio quello dei Servizi (66,6%, due casi su tre) rispetto a quello dell’Industria Manifatturiera (48,5%,), ma mai quanto quello delle Costruzioni che si attesta al 74,4%.

Occorre tuttavia ricordare che a fronte di 136.469 imprese attive nel 2021, sono state solo 2.190 le ispezioni effettuate dalle varie strutture ispettive per un indice di irregolarità del 67,8% che pone la nostra regione sopra tutte le regioni del Nord ed addirittura sopra la media nazionale (62,3%).

Le denunce di infortunio sul lavoro in Liguria tra il 1° gennaio ed il 30 novembre 2022 (ultimo dato disponibile) sono state 26.324, in aumento di 9.403 unità pari al +55,6% rispetto al corrispondente periodo del 2021.

La Liguria ha l’aumento maggiore in percentuale rispetto all’anno scorso (+55,6%), superiore alla media di tutte le altre regioni del Nord-Ovest (Val d’Aosta +33,7%, Piemonte +36,5%, Lombardia +32,4%) ed anche alla media nazionale (652.002 denunce totali e +29,8% sul gennaio – novembre 2021).

A livello territoriale Genova rappresenta il 56,2% del totale delle denunce della Liguria (14.794 e +64,4% sull’anno scorso), Savona (4.687 denunce +38,9% sull’anno precedente) che vale il 17,8% del totaLe delle denunce; La Spezia con 3.663 denunce (13,9% del totale) incrementa le denunce provinciali del 59,9% sull’anno precedente ed infine Imperia con 3.180 denunce (12,1% del totale Ligure) che segna +40,9% sul novembre 2021.

Gli occupati in Liguria nel 3° trimestre 2022 (628.292) sono in aumento tendenziale del 2,8% sull’anno precedente (+17.396) e congiunturale dello 0,4% sul 2° trimestre 2022; gli occupati risultano in aumento anche sul 3° trimestre 2019 (+9.940 occupati pari al +1,6%).

La Liguria fa meglio sia del Nord-Ovest (+1,15%) sia della media nazionale (+1,1%).

In aumento l’occupazione tra i maschi, i dipendenti, le costruzioni e i comparti dei servizi; in calo per le femmine, gli indipendenti, nell’agricoltura e nell’industria in senso stretto.

Ma se si analizzano le incidenze delle varie tipologie di assunzione, possiamo constatare come Savona sia l’unica provincia in cui il contratto a tempo indeterminato si ferma prima della soglia del 10%, mentre Genova ha il dato più elevato. La media Ligure è comunque negativa sia per i contratti a tempo indeterminato sia per quelli a termine, se consideriamo il 2019 come raffronto utile.

I contratti a termine sono sempre la tipologia maggioritaria. ma con oscillazioni molto ampie: il minimo a Savona con il 33,5% ed il massimo a Genova con il 48,8%.

L’apprendistato vede la sua maggiore incidenza percentuale ad Imperia (6,1%) e la più contenuta a Savona (3,8%).

I contratti stagionali toccano i loro massimi a tutte le latitudini: infatti anche dove incidono meno sul totale delle assunzioni (Genova, 7,2%) crescono sul 2019 e 2021 in maniera impetuosa (+53 e +23,2%). Impressionante l’incidenza degli stagionali a Savona ove sfiora il 30% delle assunzioni seguita molto da vicino da Imperia con il 27,6%.

La qualità e la composizione di questi dati mette a nudo uno dei problemi che abbiamo di fronte; un’occupazione troppo frammentata, a bassa intensità, instabile e poco retribuita.

Frammentata si è detto: solo il 12,1% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato, il 15,7% è stagionale di cui il 51% part-time, il 36% di tutte le assunzioni è a tempo parziale, il 43% a tempo determinato e per il 40% concentrata nei settori del Commercio, Turismo e Logistica.

Il calo delle giornate retribuite è un tratto che accomuna tutte le tipologie di occupazione e tutte le province: tra il 2015 ed il 2020 in Liguria sono calate dell’8% da 241 a 222 con un massimo a Savona del -9,4% pari a -22 giornate (praticamente un mese in meno), anche dovuto all’inizio della pandemia ed al massiccio supporto delle integrazioni salariali ed i sostegni al reddito per le famiglie che si riverberano nel calo delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, che tra il 2014 ed il 2020 hanno perduto l’1,8% del loro importo medio giornaliero.

Quindi gli indicatori di sofferenza economica, di povertà vissuta o rischio concreto di cadere in questa condizione in Liguria non mancano:

Abbiamo un tasso di rischio di povertà od esclusione sociale che nel 2021 ha raggiunto quota 21,8% dal 17,6% del 2020; per capire a quanto corrisponde questa percentuale sono circa 331 mila persone di cui ben 161mila vivono in una condizione di bassa intensità lavorativa, endemica in molti settori e comparti lavorativi del terziario e del turismo.

Dati ISTAT, EUROSTAT, Ufficio Economico CGIL Liguria.